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Saturday, April 15, 2017

Centro Oli ENi di Viggiano. 2017: chiuso per inquinamento; 1998: petrolio bene comune da spalmarsi su tutta la Basilicata




Il centro Eni di Viggiano (Potenza)





Oggi 15 Aprile 2017 il Centro Oli di Viggiano e' stato chiuso per la presenza di vari inquinanti, fra cui manganese, ferro e idrocarburi policiclici aromatici, secondo il Corriere della Sera presenti in quantità «molto cospicua» e arrivando fino al fiume Agri. Tutto questo e' stato -- finalmente -- deciso dal presidente della regione  Marcello Pittella.

Perche'? Perche' finalmente dopo venti anni di incertezze e di si-no-ma-ni, anche l'ARPAB di Basilicata, l'ente per la protezione ambientale della regione che in venti anni di petrolio ha protetto poco e niente, finalmente si e' dovuta arrendere all'evidenza.

C'e' l'inquinamento. E siccome l'ENI ha fatto finta di non sentirci, e' scattato il provvedimento per la chiusura.
Tutto questo e'  l'epilogo inevetabile di QUALSIASI opera petrolifera.

Che siano centro oli, che siano pozzi, che siano oleodotti, che siano raffinerie.

Prima o poi qualcosa succede, ci vorranno dieci, venti anni; ci saranno le autorita' a fare finta di niente, i petrolieri cercheranno di coprire e di far passare il tuttapposto, ma alla fine, alla fine, la verita' e le leggi della fisica e della chimica vincono. E vincono sempre.

Non e' mai successo, da nessuna parte, in tutto mondo che il petrolio abbia portato a cose positive per chi ci vive vicino. 

Mai, mai, mai.
Non ci sono royalties che tengano.
In questo caso, se dopo anni di tuttapposto da parte di Marcello Pittella e del gothe petrol-politico di Lucani, si e' arrivati a fermare la produzione, vuol dire che davvero c'era qualcosa di molto grave a Viggiano. 

E tutto questo dovrebbe essere di monito a chiunque si trovi in Italia a vivere vicino a localita' prese di mira dai petrolieri: da Vercelli a Ravenna, dal Delta del Po a Rotello, da Carpi a Monopoli. Il tempo di ribellarsi e' adesso, prima che arrivano, non dopo. Dopo non si puo' che restare a guardare, spesso impotenti, a respirare monnezza, a vivere una democrazia falsa e marcia, finche' dopo venti anni, qualcuno non si sveglia e decide di fare qualcosa, magari perche' non ha alternative.

Ma quanta gente si e' ammalata in venti anni?

Ma quanta gente e' morta in venti anni?

Non lo sapremo mai.

Voglio concludere ricordando quando l'ex sindaco di Viggiano, Vittorio Prinzi, diceva che il petrolio era un bene da spalmarsi su tutta la regione.

Finche avremo gente cosi in Italia a governare non andremo avanti.

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Cristo si e' fermato a Viggiano.

Vittorio Prinzi, Sindaco del comune di Viggiano, X Commissione (Attività Produttive) della Camera dei Deputati, 9 Luglio 1998:

"Ringrazio il presidente Nesi, la Commissione e i parlamentari lucani per aver voluto l'audizione odierna e per tutto quello che hanno fatto, stanno facendo e faranno per la soluzione della questione petrolio. Viggiano ha 3.200 abitanti, è situato a 1.000 metri di altitudine e si può ritenere attualmente il cuore petrolifero della Val d'Agri; il suo territorio fin dai primi anni ottanta è stato interessato dalle attività di ricerca e di esplorazione che hanno portato alla scoperta dell'enorme giacimento di idrocarburi, di cui via via si sono rivelati l'entità e il valore energetico.

Nel territorio di Viggiano, specificatamente nell'area industriale esistente fin dal 1970, è ubicato il centro olio - in esercizio dal 12 aprile 1996 - in cui viene eseguito il primo trattamento del petrolio, ossia la separazione dell'olio dal gas, dallo zolfo e dall'acqua; dal centro partono quotidianamente un centinaio di autobotti alla volta della raffineria di Taranto.

Nel nostro territorio si trova il maggior numero di pozzi finora perforati, lì su 18, di cui quattro collegati al centro olio, tutti in produzione ed uno in prova, per l'estrazione giornaliera di circa 8 mila barili. A Viggiano nel 1992 è stato costruito il primo consorzio di autotrasportatori, oggi composto di circa 50 unità, che gestisce per conto dell'AGIP petroli poco più del 50 per cento del trasporto del petrolio. Su indicazione dell'ENI-AGIP sono stati costruiti anche parecchi consorzi di imprese, in joint-venture con società che in precedenza avevano rapporti di produzione con l'AGIP. Per queste ragioni Viggiano si è trovato per primo a fare i conti con l'attività di ricerca e coltivazione del petrolio attraverso tre fasi.

Il presidente Nesi è interessato a sapere quale atteggiamento ha assunto la popolazione: ebbene, nella fase iniziale si è registrata una totale inconsapevolezza del fenomeno estrattivo, legata principalmente alla mancanza di informazioni da parte delle società petrolifere, alla difficoltà di interloquire con esse e di controllare il loro operato sul territorio, tanto che le popolazioni e i sindaci le hanno accusate di arroganza e di neocolonializzazione; la seconda fase è stata caratterizzata dalla preoccupazione per gli effetti dannosi prodotti dall'attività di ricerca petrolifera sui beni ambientali e sul tessuto produttivo, in verità molto tenue, che faticosamente i piani di sviluppo regionali e gli interventi statali erano riusciti a creare nel settore agricolo e turistico (sul settore industriale mi soffermerò in seguito): di qui il timore che il petrolio arrecasse molti danni e pochi benefici misurati con i pochi posti di lavoro, per giunta temporanei, che l'attività estrattiva creava e avrebbe creato nel futuro. E' stata questa la fase più convulsa, quella del «petrolio sì, petrolio no », resa ancora più difficile dal sovrapporsi della discussione sulla istituzione del parco del Lagonegrese e della Vai d'Agri, in una parola dal dilemma parco-petrolio. Nella fase di aspro confronto tra ambientalisti e petrolieri e di forti tensioni tra i rappresentanti delle istituzioni locali e tra questi e le società petrolifere è maturata la scelta dell'intesa, nel senso di consentire lo sfruttamento del petrolio a condizione che si avessero ricadute in termini di sviluppo e di occupazione. Accettando il petrolio come risorsa ed opportunità irripetibili, si è dato avvio alla terza fase, quella della trattativa tra la regione e l'ENI, con il raggiungimento dell'intesa che recepisce le attese delle popolazioni e degli amministratori locali.

Aspetti centrali dell'intesa riguardano la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente, la possibile convivenza parco-petrolio nonché la questione lavoro. In proposito siamo consapevoli che l'attività estrattiva crea pochissimi posti di lavoro sia direttamente, sia nell'indotto; per questo alla tesi dello sviluppo spontaneo sostenuta dall'ENI, con l'accordo regione-ENI si è contrapposta quella dello sviluppo promosso, aiutato, con il coinvolgimento diretto dell'ENI che partecipa - così come previsto nell'intesa - sia alla società per la promozione dello sviluppo, sia alla società energetica regionale attraverso risorse ed incentivi.

Vogliamo affrontare due sfide, quella della compatibilità dell'ambiente con il petrolio, rispetto alla quale è necessaria la perimetrazione del parco a livello di Ministero dell'ambiente - al quale è stata trasmessa la proposta della regione Basilicata - , nonché la sfida dell'occupazione e del superamento del ritardo nello sviluppo. Per superare quest'ultima sfida occorrerà far ricorso a tutte le risorse di cui il territorio regionale dispone; da parte del Governo invece è necessario un intervento ed un impegno a ristoro del notevole contributo che in campo energetico la Val d'Agri dà all'intero paese. Il Governo, attraverso i ministeri competenti, deve attivarsi per superare il deficit infrastrutturale e l'isolamento di quest'area della Basilicata. Il sindaco di Corleto Perticara ha accennato alla Saurina, io aggiungo il completamento della Tito-Brienza oltre che la trasformazione dell'aviosuperficie di Grumento in aeroporto, anche di terzo andrebbero finanziate attraverso le royalties e in base ad livello. Il Governo deve altresì intervenire con una serie un piano di priorità.

Lo stesso discorso dovrebbe valere di incentivi mirati per rendere appetibili le nostre aree industriali. Per quanto riguarda l'area di Viggiano non cominciamo da zero, signor presidente, nonostante il passato sia gravato da esperienze in gran parte fallimentari: a due tentativi di industrializzazione - il primo agli inizi degli anni settanta, il secondo legato all'articolo 32 della legge n. 219 dopo il terremoto del 1980 - sono seguiti fallimenti aziendali e la cassa integrazione per oltre 200 lavoratori, una cifra enorme per la nostra piccola realtà. Una delle cause della situazione va ricercata nella carenza di condizioni di vivibilità aziendale (trasporti, mancanza di servizi, costi sopportati per supplire a tale carenza, accesso al credito e via dicendo) per cui farebbe bene il Governo, nell'ambito dell'intesa con la regione , a consentire l'estensione del contratto d'area alle aree consortili limitrofe a quelle individuate dalla legge n. 219 oltre che alle aree industriali ricadenti nel territorio interessato dall'attività estrattiva. Non solo l'area di Viggiano, ma anche quelle del Senisese, di Isca Pantanelle e del Lagonegrese andrebbero finanziate attraverso le royalties e in base a un piano di priorità.

Lo stesso discorso dovrebbe valere per il patto territoriale della Val d'Agri, che potrebbe contribuire a quello sviluppo dal basso di cui tanto si parla, coinvolgendo tutti i soggetti, pubblici e privati, che grazie al petrolio, valutano interessante la Val d'Agri per i propri investimenti. Voglio sottolineare che le popolazioni di questa valle contano molto sulla sensibilità del Paese, del Parlamento e del Governo e vorrebbero sfruttare appieno la risorsa petrolio per uscire dalla condizione di emarginazione di cui soffrono. Per quanto riguarda la riflessione dell'Onorevole Pagliuca, noi amministratori siamo tutti d'accordo nel ritenere la risorsa petrolio un bene dell'intera regione Basilicata, da spalmarsi sull'intero territorio, cominciando prioritariamente dalle aree che posseggono tale risorsa

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